martedì 21 dicembre 2010

Rom, magistrati e l'incredibile Letizia Moratti


Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ogni tanto è incredibile. Più di Hulk. I magistrati hanno dato ragione alle famiglie rom a cui prima era stata assegnata una casa popolare (di un lotto di abitazioni in pessimo stato da sistemare) con tanto di contratto e poi tolta, su intervento del ministro Maroni in fase pre-elettorale. C’è stato, infatti, un ricorso legale in quanto era stato siglato un contratto. Di fronte al bianco su nero il magistrato non ha potuto che dare ragione agli inquilini sfrattati sui due piedi. Ebbene cos’ha detto la Moratti, intervistata anche in tv, criticando il giudice? Che i giudici non tengono conto del parere dei cittadini perché non vengono eletti!

Le parole esatte secondo l’agenzia Ansa: "Noi siamo eletti - ha concluso Letizia Moratti con un ultimo affondo alla magistratura - e dobbiamo rendere conto ai cittadini delle nostre decisioni, purtroppo i giudici non sono eletti e questo a volte può creare a noi amministratori qualche difficoltà".

Ma siamo pazzi ? Ci mancherebbe altro che la legge una volta approvata dal Parlamento (eletto dai cittadini) venisse applicata di città in città in base agli umori della maggioranza degli abitanti in quel momento.

Documento:
Se avete voglia potete leggere il comunicato degli avvocati difensori dei rom, diffuso dalla Casa della carità di Milano. Ecco il testo, da cui si evincono alcuni semplici e basilari principi del nostro diritto:

AVVOCATI PER NIENTE-ONLUS SULLA VICENDA “25 CASE”
I primi commenti alla ordinanza del Tribunale di Milano sulla vicenda “25 case” – alla quale gli avvocati di APN hanno dato un decisivo contributo assistendo le 10 famiglie rom che hanno proposto ricorso – meritano qualche chiarimento sul piano dei fatti e sul piano giuridico.

1) Non vi è alcuna “invasione di campo” della magistratura nei confronti della politica. Al contrario, il Giudice ha valorizzato le scelte operate dall’amministrazione (limitatamente a questo specifico punto) fino al settembre 2010, solo precisando che, una volta che l’amministrazione abbia fatto le sue scelte insindacabili e si sia vincolata nei confronti dei privati, non può fare marcia indietro. Quanti oggi protestano sarebbero i primi a levare alte grida se il Comune stipulasse con loro un qualsiasi contratto (di appalto, di locazione ecc.) e poi pretendesse immotivatamente di annullarlo: e allora non si vede perché questo elementare principio non dovrebbe valere per i rom.

2) Non è vero che l’amministrazione può “cambiare idea”. Qualunque buon amministratore dovrebbero sapere che la L. 241/90 fissa i limiti entro i quali l’amministrazione può “cambiare idea”: lo può fare spiegando quale nuovo interesse pubblico impone il cambiamento e indennizzando i soggetti lesi dalla inversione di rotta. Ma né il Comune, né alcun altro attore della vicenda ha mai revocato formalmente nulla (ben sapendo che di tale revoca avrebbero potuto dare solo una “spiegazione” arbitraria e discriminatoria); Comune e Ministro hanno solo preteso di impedire sul piano pratico che i contratti venissero posti in esecuzione, ma ciò appartiene al campo della prepotenza e dell’arbitrio non certo a quello della legge.

3) Non vi è alcuno scavalcamento di italiani in attesa di una casa popolare: come ormai tutti sanno le case in questione erano inagibili e inutilizzabili per le normali graduatorie; saranno ristrutturate con i soldi che il Ministro Maroni ha stanziato per gli interventi a favore dei Rom e riconsegnate dopo qualche anno all’utilizzo nell’ambito delle graduatorie. Come il Giudice ha sottolineato era stato così raggiunto un difficile punto di equilibrio tra vari interessi contrapposti: quelli del Commissario a porre le premesse per la chiusura di un campo autorizzato; quelli dei Rom ha avviare un percorso di integrazione ; quelli dei residenti “milanesi” della zona a veder finalmente chiuso il campo Triboniano; quelli dell’ALER a veder sistemati con soldi altrui alcuni alloggi. Perché da tale punto di equilibrio si dovrebbe recedere ? Nel corso del giudizio la difesa del Comune non ha neppure cercato di spiegarlo.

4) Non vi è alcuna “discriminazione al contrario” per il fatto che venga previsto un intervento di sostegno specifico per i Rom. Ogni politica sociale è sempre una erogazione a favore di gruppi a rischio di esclusione e non di altri: è la regola che sta alla base del concetto di “uguaglianza sostanziale” previsto dall’art. 3 Cost. e che fa parte dell’abc di uno stato democratico e sociale: spiace doverla ricordare così pedantemente a dei pubblici amministratori; tanto più che, in questo caso, l’erogazione era stata decisa addirittura dal Ministro Maroni con il suo piano di “emergenza Rom” .

5) Non è vero che ai Rom fossero state offerte soluzioni alternative, come ben risulta dal fatto che neppure nel corso del giudizio i rappresentanti del Comune hanno mai indicato quali soluzioni alternative potessero essere praticate.
La vicenda ha quindi qualcosa di paradossale. I veri vincitori della causa non sono i rom; e neppure solo il principio di legalità che pure dovrebbe stare a cuore a qualsiasi amministratore pubblico. Il vincitore e' proprio il Comune, quantomeno il Comune come protagonista di quell’unico piccolissimo progetto (l’unico diversa della serie infinita e inutile di sgomberi violenti) che aveva deciso di attuare fino al settembre scorso. I politici che oggi hanno manifestato contro la decisione, hanno manifestato contro se stessi; e non lo sanno.
Che ciò dipenda da ignoranza o da mala fede e' il quesito che resta senza risposta.

Milano, 21 dicembre 2010

venerdì 17 dicembre 2010

La telecamera mai riparata

A Brembate continua il mistero di Yara, la ragazzina scomparsa nel nulla. Una notiziola a margine colpisce. Una telecamera in paese avrebbe potuto dare qualche informazione utile sul passaggio delle auto all'ora della scomparsa della tredicenne. Ma la telecamera era guasta. Da luglio. In 5 mesi nessuno l'aveva riparata, pare per questioni di assicurazione. E poi ci parlano di sicurezza. Di sicuro ci sono solo le balle dei politici.